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CROWDFUNDING: Cos’è il Crowdfunding

CROWDFUNDING: Cos’è il Crowdfunding

Il crowdfunding rappresenta una soluzione di finanziamento alternativa. Si tratta in pratica di un processo con cui più persone (“folla” o crowd) conferiscono somme di denaro (funding), anche di modesta entità, per finanziare un progetto imprenditoriale o iniziative di diverso genere utilizzando siti internet (“piattaforme” o “portali”) e ricevendo talvolta in cambio una ricompensa.

Si parla di “equity-based crowdfunding” quando l’investimento on-line conferisce un vero e proprio titolo di partecipazione in una società: in tal caso, la “ricompensa” per il finanziamento è rappresentata dal complesso di diritti patrimoniali e amministrativi che derivano dalla partecipazione nell’impresa.

La regolamentazione

L’Italia è il primo Paese in Europa ad essersi dotato di una normativa specifica e organica relativa al solo equity crowdfunding.

Le norme introdotte dal

decreto legge n. 179/2012 (convertito nella legge 17 dicembre 2012, n. 221) recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” (noto anche come “Decreto crescita bis”) definiscono il crowdfunding come uno strumento per favorire lo sviluppo delle start-up innovative attraverso regole e modalità di finanziamento in grado di sfruttare le potenzialità di internet.

La Consob, attraverso il regolamento n. 18592/2013, ha poi disciplinato alcuni specifici aspetti del fenomeno con l’obiettivo di creare un “ambiente” affidabile in grado, cioè, di creare fiducia negli investitori.

Le informazioni necessarie per valutare l’investimento in start-up innovative sono raccolte in portali on-line che si occupano di equity crowdfunding. Si tratta di piattaforme vigilate dalla Consob che facilitano la raccolta del capitale di rischio delle start-up innovative. I portali forniscono agli investitori le informazioni sulle start-up e sulle singole offerte attraverso apposite schede (redatte secondo il modello standard allegato al Regolamento) che possono essere presentate anche con strumenti multimediali tramite immagini, video o “pitch” attraverso cui vengono descritti l’azienda, il suo business, le persone che la compongono ed i piani che intendono perseguire con l’investimento cercato.

Una volta che l’investitore decide di investire in una start-up, il gestore del portale deve trasmettere l’ordine di adesione ad una banca o una impresa di investimento che provvederanno a perfezionare la sottoscrizione degli strumenti finanziari (e a raccogliere le somme corrispondenti in un conto indisponibile a favore dell’emittente).

In virtù della normativa vigente (disciplina MiFID) le banche e le SIM dovranno svolgere l’attività nel rispetto di obblighi informativi e di comportamento nei confronti degli investitori. È tuttavia prevista un’esenzione dall’applicazione della disciplina sui servizi di investimento a patto di non superare una soglia che è pari a 500 euro per singolo ordine e 1.000 euro per ordini complessivi annuali (per gli investimenti delle persone fisiche) o a 5.000 euro per singolo ordine e 10.000 euro per ordini complessivi annuali (investimenti delle persone giuridiche).

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Quali sono i principali rischi dell’investimento in start-up innovative?

L’investimento in start-up innovative presenta caratteristiche particolari e rischi economici più elevati rispetto agli investimenti tradizionali. Trattandosi di società neo costituite operanti in settori innovativi, il rischio che il progetto imprenditoriale non vada a buon fine è maggiore rispetto a quello delle società già da tempo operanti in un determinato settore, il che, ovviamente, incide anche sul rischio per gli investitori di perdere l’intero capitale investito. Il “Decreto crescita bis” ha inoltre posto il divieto di distribuzione di utili per tutto il periodo in cui la società emittente possiede i requisiti di start-up innovativa, e cioè per un massimo di 4 anni dalla iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese. Infine chi compra tali strumenti deve considerare anche il rischio di “illiquidità” collegato sia al divieto per un primo periodo di scambiare tali strumenti su mercati organizzati e sia al fatto che – almeno inizialmente – non esiste un c.d. “mercato secondario” organizzato sul quale effettuare gli scambi dopo la sottoscrizione. Resta ferma la possibilità di compravendita fra privati, nel rispetto delle norme stabilite per i singoli casi.

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